martedì 5 ottobre 2010

Pistoia: il successo di una strategia

La barocca chiesa del Carmine a Pistoia, dove tra non molto sarà avviata
la celebrazione regolare della S. Messa in rito antico


Tra poche settimane, anche Pistoia avrà la sua Messa festiva in rito romano antico.

Si tratta della venticinquesima celebrazione regolare in Toscana (più altre due assicurate dalla Fraternità di S. Pio X), il che dimostra, ancora una volta, che l'attaccamento all'antica tradizione liturgica gode, nella nostra regione, di una sorprendente vitalità. Come si è giunti a tale importante risultato? Non bisogna credere che la Toscana sia un'isola felice, dove i problemi e le opposizioni nei confronti del rito antico non esistono o sono meno gravi che altrove. La situazione, qui, non è diversa dalle altre regioni di Italia: molti gruppi di laici (piccoli ma molto decisi) intenzionati a far applicare il motu proprio nella propria città, molti fedeli comuni potenzialmente interessati, pochi o pochissimi ecclesiastici disposti a seguirli e a dar seguito alle loro legittime richieste. Ciò che probabilmente fa la differenza, è l'aiuto reciproco che i fedeli toscani legati al rito antico hanno deciso di darsi, riunendosi in un Coordinamento di associazioni. A Pistoia, in particolare, si è seguito un iter ben preciso, durato meno di un anno, che ha consentito di giungere al traguardo della Messa festiva settimanale. Vediamo quale.

Esisteva a Pistoia un piccolo gruppo di fedeli non organizzato, che, pur avendo la possibilità di frequentare la Messa tradizionale a Prato, desiderava avviare una celebrazione regolare nella propria diocesi. Le prospettive non erano rosee: nessuno dei sacerdoti contattati sembrava disposto ad "accogliere benignamente", come dispone il motu proprio (art. 5, § 1), la loro richiesta. In questi casi, è facile lasciarsi abbattere dall'impressione che le difficoltà siano insormontabili e far cadere la cosa. Alcuni sono ancora convinti che, nonostante il provvedimento pontificio, l'effettiva concessione della liturgia tradizionale dipenda ancora dalla discrezione dei vescovi. Inoltre, la mancanza di esperienza, normale nei gruppi di recente formazione, fa sì che molti non sappiano come comportarsi di fronte ad un rifiuto. Per quanto possa apparire paradossale, sono questi, più che l'opposizione del clero (che esiste dovunque), i motivi per cui tante volte non si riesce ad ottenere la Messa in rito antico, anche quando i fedeli interessati non mancano.

I pistoiesi, tuttavia, non si sono lasciati scoraggiare. Si sono rivolti al Coordinamento Toscano "Benedetto XVI" e, grazie ad esso, hanno avuto modo di confrontarsi con gruppi di più consumata esperienza, per delineare una strategia di azione che consentisse loro di far valere i diritti garantiti dal motu proprio.

Per prima cosa, il direttivo del Coordinamento ha consigliato di indire una riunione a livello diocesano e di costituire un'associazione dotata di statuto e cariche. Non si trattava di una mera formalità o di una complicazione burocratica, ma di un mezzo che si era già sperimentato efficace (per esempio a Pisa) per presentarsi come realtà unitaria e coesa di fronte alle autorità ecclesiastiche. Il motu proprio, è vero, non la richiede, ma l'esperienza dimostra che in molti casi essa si rivela indispensabile.

Alla prima riunione, organizzata congiuntamente da alcuni fedeli pistoiesi e dal direttivo del Coordinamento, ha partecipato un numero di fedeli sorprendente, se si pensa che l'iniziativa era stata divulgata solo tramite il passaparola. Al termine, i presenti si sono accordati nel costituire un'associazione intitolata alla Madonna dell'Umiltà (cui a Pistoia è dedicata una celebre basilica) e nel designare due di loro come presidente e segretario. L'associazione ha immediatamente aderito al Coordinamento Toscano "Benedetto XVI". Poco tempo dopo, si è anche dotata di uno statuto che ne determinava la natura, le finalità, il funzionamento.

Espletata la fase "aggregativa", era possibile passare a quella "attiva". Il presidente e il segretario hanno inviato alla Pontificia Commissione "Ecclesia Dei" un'informativa in cui si dava notizia della nuova associazione. Un'altra lettera veniva mandata poco dopo al vescovo diocesano per domandare udienza. Nella situazione attuale, è fondamentale che la Santa Sede sia informata della nascita di nuove associazioni finalizzate a promuovere il rito antico, ed è pure fondamentale che l'ordinario diocesano sappia che la Santa Sede è informata. In questo modo l'associazione, da un lato dimostra di agire con la massima trasparenza, e dall'altro previene, se mai ce ne fosse bisogno, i tentativi di insabbiamento della richiesta.

A proposito della richiesta: l'esperienza dimostra che è bene non includerla nella lettera in cui si dà notizia dell'associazione e si domanda udienza. Meglio avanzarla, a voce, nel corso dell'udienza stessa. Soltanto a fronte di un rifiuto o di una "concessione" (utilizziamo questo termine in modo puramente convenzionale, perché di fatto il vescovo non concede un privilegio, ma applica una legge) puramente nominale, che stenta a tradursi in pratica anche dopo qualche tempo, soltanto allora, dicevamo, è consigliabile presentare una richiesta scritta, inviandola anche "per conoscenza" all'Ecclesia Dei.

Nel caso di Pistoia, il vescovo ha accolto subito la richiesta dell'associazione. Dopo alcuni mesi, necessari per discutere la questione col consiglio presbiterale (oggi , si sa,bisogna gestire tutto in modo collegiale...) e per individuare un sacerdote disposto a seguire il gruppo, siamo giunti alla fine. La celebrazione sarà avviata tra poche settimane, in una delle chiese più belle e centrali di Pistoia (anche se, purtroppo, non parrocchiale) e con un sacerdote molto convinto e motivato.

Il merito va senza dubbio agli amici dell'Associazione "Madonna dell'Umiltà", che hanno seguito l'iter con pazienza e tenacia. Ma, senza il Coordinamento, senza un organismo in grado di mettere a frutto l'esperienza comune dei gruppi legati alla Tradizione, probabilmente non sarebbe stato possibile catalizzare le forze presenti sul territorio. Questo importante risultato, quindi, costituisce un'ulteriore prova dell'utilità delle federazioni regionali. Per conseguirlo ci sono voluti diversi mesi e non poca fatica. Ma ne è valsa la pena.

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